Fare musica talvolta è considerata un’attività per passare il tempo. Spesso si tende a non riconoscerlo come un lavoro e gli artisti sono in balia delle difficoltà tra la ricerca di pubblico adatto e una casa discografica. In Italia, poi, la situazione è complicata: per sfondare in questo campo non bisogna solo avere talento, ma anche tanta fortuna. E per fortuna c’è qualcuno che riesce a connubiare passione e lavoro, anche se per avere una degna stabilità è chiamato ad andare all’estero.

Simone Cicconi

Simone Cicconi

Come Simone Cicconi, maceratese classe ’75, compositore e Senior Audio Designer. Formatosi prima in campo scientifico, poi Simone ha frequentato un corso di produzione discografica al Centro Musica di Modena. La sua storia l’ha portato a Portsmouth (UK), nei Climax Studios dove lavora alla FreeJam Games in cui si occupa dell’audio dei loro prodotti.

• Come nasce la tua passione per la musica e come sei riuscito a coltivarla negli anni senza farla diventare solo un passatempo?

Non c’è un momento preciso. I miei genitori mi raccontavano che da bambino passavo ore a canticchiare sottovoce delle canzoni che inventavo io. Si può dire che per me scrivere musica è qualcosa di innato. Poi mi è stato regalato un pianoforte e mi è stata fatta studiare la musica con una disciplina abbastanza militaresca. Crescendo ho rispolverato quelle conoscenze e le ho usate per coltivare la mia passione.

• Quanto è difficile fare musica in Italia?

Dipende da cosa si intende per “fare musica”. Non è un lavoro facilissimo: bisogna studiare molto, sacrificarsi, parecchia passione e un po’ di talento. Imparare trucchi del mestiere aiuta e questo si impara dall’esperienza. Io nasco come produttore musicale ma negli anni sono stato cantante nelle cover band, musicista e produttore per altri, lavorando nell’industria dei videogiochi come sound designer e compositore di colonne sonore da freelance. Più sei duttile, più è probabile che il tuo lavoro serva e quindi che siano disposti a pagare per esso.

Simone Cicconi e la sua band

Cicconi e lasua band

• Hai dovuto rinunciare alla musica per lavorare?

Sono un privilegiato: sono riuscito a trasformare la mia passione in un lavoro.

• Di cosa parla la tua musica, quanti dischi hai all’attivo?

Ho un disco da solista uscito quest’anno: “Troppe note (ma in compenso anche troppe parole)” che mi dà soddisfazioni, dalla vittoria a Musicultura fino alle date fatte in giro con la band. La gente vuole qualcuno che racconti storie in modo autentico ed emozionante, io ho scelto una formula ironica e all’apparenza leggera per esprimere il mio rapporto conflittuale con il mondo femminile. Parlo d’amore finito male e lo faccio in modo scanzonato, con un rock/rap che mi permette di divertirmi con le parole. In precedenza pubblicai tre lavori con i Meridiano Zero, band di progressive elettronico in inglese, così ho cominciato a fare il compositore.

• Come hai ottenuto la possibilità di trasferirti all’estero per lavorare in questo settore? Avevi già fatto esperienze fuori dall’Italia?

Ho viaggiato parecchio, per lavoro e per amore. Molti degli italiani che lavorano nell’industria dei videogiochi hanno cominciato all’estero. L’avventura da freelance è cominciata a Parigi. Poi la FreeJam cercava un audio designer esperto, e, grazie a Sebastiano Mandalà direttore tecnico che mi conosceva, ho avuto il privilegio di essere contattato. La settimana successiva ero in Inghilterra. Ho viaggiato in altre città europee, ma sempre con la prospettiva di tornare in Italia. Questa è la prima volta che ho un contratto a tempo indeterminato in una ditta estera. Non so se la mia innata inquietudine mi farà mettere radici qui, ma oggi le premesse sono migliori che in altri casi.

Simone Cicconi in concerto

Cicconi in concerto

• Quali sono le maggiori difficoltà a cui va incontro un musicista che si trasferisce all’estero?

L’ambiente è molto stimolante per un musicista. La musica c’è tutti i giorni, in ogni contesto. È facile fare amicizia con gestori e pubblico anche se è molto esigente. I ragazzi inglesi iniziano a suonare seriamente fin dal liceo, è nella loro cultura e per loro è più semplice.

• Com’è la tua vita ora?

Faccio la vita dell’universitario con una casa in affitto con altri colleghi. Penso spesso ad amici e familiari, a tutti quelli che ho conosciuto grazie alla mia musica e a cui voglio bene e a volte mi sento un po’ solo. Ma la musica è sempre stata un’ottima terapia, scrivo una canzone per sfogare la mia saudade, così recupero il sorriso.

• Quali sono i pro e i contro di lavorare all’estero?

Qui è il paradiso, si capisce subito che per gli inglesi il lavoro deve essere organizzato alla perfezione per non creare seccature che distraggono dal compito principale: produrre. Nel mio posto di lavoro ci sentiamo tutti parte di una squadra. Ognuno fa la propria parte diligentemente, in modo da essere tutti specializzati e altamente professionali. Elemento importante è che a fine mese pagano, in Italia non è così scontato. La vita costa parecchio, ma si vive dignitosamente.

• Lo consiglieresti ai tuoi colleghi?

Io ho fatto questa scelta perché capitata in un momento in cui ero libero da legami. Lasciare la famiglia e partire può essere penoso. Non so se lo consiglierei a priori, la qualità della vita passa anche attraverso i legami, ma se si è liberi, non vedo perché no.

simone cicconi 2• Cosa ti piace della tua nuova vita e cosa ti manca della precedente?

Il senso di libertà che si respira da queste parti, la tranquillità di non doversi preoccupare dell’immediato e il fatto che mi paghino per fare il mio lavoro. Ovviamente il rovescio della medaglia è la solitudine che questa libertà porta con sé.

• A cosa stai lavorando ora?

Il gioco che stiamo facendo si chiama RoboCraft. E’ interessante e dal punto di vista dell’audio anche discretamente impegnativo. Il gioco è free to play, ossia del tutto gratuito.
Per quanto riguarda la musica, ho suonato qualche volta in qualche locale e nel tempo libero sto producendo il mio nuovo disco.