Scegliere la bicicletta per andare a scuola o a lavoro oppure utilizzarla in un pomeriggio di sole rappresenta una buona abitudine o un lusso che a molte donne nel mondo non è ancora concesso?
Partendo da questo interrogativo, il documentario “Voglio una ruota” prova a spiegare il profondo legame tra le donne e le biciclette attraverso storie di libertà ed emancipazione; un sottile fil ruoge (dato dalla bicicletta appunto) grazie al quale è possibile raccontare il coraggio di tante donne.
Come per esempio la storia di Anna Trevisi, giovane ciclista, che ha lottato per difendere i diritti e il riconoscimento, non solo economico, delle atlete. Ma come lei moltissime altre si sono battute contro il conformismo, che oggi non permette alle donne di essere riconosciute come professioniste nel mondo del ciclismo, costringendole a gareggiare come dilettanti. Persino in Occidente il ciclismo femminile rappresenta una sottocategoria di quello maschile. E in Italia un clamoroso vuoto legislativo dichiara le donne sportive dilettanti.
“Può un oggetto apparentemente innocuo come la bicicletta essere complice di una rivoluzione?”
È questo ciò che si legge sul sito del progetto della regista (ovviamente donna) Antonella Bianco, per sottolineare che la bicicletta, nei secoli, ha contribuito a cambiare il destino delle donne, favorendone l’emancipazione. “Voglio una ruota” vuole raccontare, dunque, storie di libertà (nel senso più ampio del termine), rendendo noto come la bicicletta ha cambiato le donne e come le donne hanno finito per cambiare la bicicletta, innalzandola a simbolo rivoluzionario.
La storia delle due ruote a pedali ha avuto inizio nell’Ottocento e da subito divennero sinonimo di libertà e progresso, ma anche straordinario strumento di emancipazione femminile, introducendo nei guardaroba delle donne i pantaloni. ma la bicicletta ebbe una strada in salita e non senza ostacoli, con vere e proprie campagne anti-cicliste che la demonizzavano.
La bicicletta è donna, dunque, e lo è sempre stata. Ma purtroppo, a distanza di quasi due secoli dalla sua nascita, emerge ancora un dato allarmante.
Salire in sella, infatti, è oggi vietato al gentil sesso in molti paesi, per legge o di fatto.
In Egitto, per esempio, le ragazze del gruppo GoBike (come è illustrato nel documentario) quotidianamente sfidano una legge non scritta che considera inappropriato per una donna andare in bicicletta.
Ma “Voglio una ruota” non è un documentario per sole donne!
E’ dedicato a tutti coloro che pedalano, sfidando le salite, faticano per essere accettati o si battono per i loro diritti, senza paura di confrontarsi con ciò che li attenderà dietro la prossima curva.
Così, come affermava Frances Willard, chi riesce a padroneggiare una bestia come la bicicletta, può padroneggiare anche la propria vita, nella stessa maniera.