Frontiere chiuse, vertici europei, e tanto caos. L’Europa continua a rimanere in uno stato confusionale quando si parla di flussi migratori, ma i primi segnali di una cooperazione tra gli Stati membri finalmente iniziano a vedersi.
Abbiamo chiesto a Cecile Kyenge, ministro per l’integrazione nel governo Letta e parlamentare europea, quali passi avanti si siano fatti nell’Unione Europea per gestire il problema immigrazione.
L’Europa sta subendo un forte flusso migratorio al quale alcuni Paesi dell’Unione stanno reagendo chiudendo le frontiere. Questi provvedimenti violano gli accordi di Schengen?
Cecile Kyenge: Tecnicamente queste decisioni non violano nessun accordo. I paesi dell’Unione Europea hanno la totale libertà nella gestione i propri confini. La questione è comunque grave perché ci troviamo nella situazione in cui alcuni Paesi pensano in modo egoistico, lasciando altri stati dell’Ue a dover gestire da soli il problema immigazione. Questo è il caso di Italia e Grecia, in cui approdano la maggior parte dei migranti che provengono dal mare.
L’ultimo vertice Ue ha però segnato un grande passo in avanti, perchè per la prima volta si è trovato un accordo sulla divisione dei richiedenti asilo tra tutte le nazioni europee.
A proposito di questo, come funzionano gli “hotspot”?
Gli hotspot sono centri di rapida identificazione, ma sono prima di tutto il primo vero tentativo di cooperazione degli stati europei nella gestione dei migranti. I centri non saranno infatti gestiti solo dallo stato ospitante, ma è prevista un’azione congiunta con Frontex, Europol, l’ufficio europeo di sostegno all’asilo e l’agenzia per la cooperazione giudiziaria dell’Ue.
Questi centri saranno operativi in Italia e Grecia, mentre l’Ungheria si è rifiutata di ospitarli.
Questi centri sono già operativi in Italia?
In Italia questi centri hanno già iniziato a funzionare, anche se non al cento per cento. I primi richiedenti asilo sono già stati “smistati” ed anche se serve l’autorizzazione da Roma per attivarli ufficialmente, il meccanismo è già in atto.
Esiste davvero un “problema immigrazione”, cioè negli ultimi anni i flussi migratori sono davvero aumentati in modo esponenziale, oppure il vero problema sta nella gestione e nel coordinamento degli stati europei?
Sono problemi congiunti. Da un lato c’è un problema di gestione da parte dei paesi dell’Unione Europea che per molto tempo non è riuscita a lavorare insieme ad una soluzione. Dall’altro le ondate migratorie sono aumentate, ma anche perché noi non siamo stati in grado di fare prevenzione. Non siamo cioè stati in grado di individuare le zone che vertevano in condizioni di emergenza, per organizzare in tempo azioni umanitarie o diplomatiche, prima che le emergenze esplodessero.
Oltre le decisioni prese dal vertice Ue del 23 settembre, il Parlamento Europeo sta pensando ad altre soluzioni per risolvere il problema dei flussi migratori?
Il parlamento Europeo sta affrontando la questione in modo globale, elaborando soluzioni a breve, medio e lungo periodo. La redistribuzione, la lotta contro gli scafisti e il traffico di esseri umani, Triton e Poseidon, che sono versioni europee di Mare Nostrum, sono soluzioni a breve termine.
Ma sono necessarie anche soluzioni a lungo termine, per non ripetere gli errori di prevenzione di cui parlavamo prima.
Io sono la redattrice di un rapporto olistico su immigrazione e asilo: serve infatti un punto di vista globale per poter rafforzare la politica estera, la lotta al terrorismo e le politiche di pacificazione. Per questo cito il processo di Rabat e il processo di Khartoum, che sono fondamentali per affrontare il problema dei flussi migratori sulla rotta Africa Sub Sahariana-Ue e che sono considerati un grande ponte di dialogo tra l’Unione Europea e l’Africa Occidentale.
Molto importante nelle soluzioni a lungo termine è anche il fondo fiduciario per i paesi dell’Africa Sub Sahariana istituito dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, che servirà per far si che le situazioni di emergenza citate prima non si ripetano.