Ius sanguinis in soffitta: è del 14 ottobre infatti l’approvazione della Camera alla legge che attribuisce la cittadinanza italiana in base al luogo di nascita e non alla discendenza. I voti a favore hanno mostrato una maggioranza unita con l’aggiunta di SEL, mentre la Lega e FdI hanno votato contro; il M5S si è astenuto mentre Forza Italia si è espressa variamente.
Con l’approvazione, ora in Italia sono previsti fino a un milione di nuovi cittadini. In realtà, la legge scaturita dai dibattiti più recenti è il tentativo di porre una base comune alle circa ventiquattro proposte avanzate negli ultimi anni: si parla dunque dell’attribuzione della cittadinanza sulla base dello ius soli temperato e dello ius culturae.
Nel primo caso, diviene italiano il minore che ha uno dei due genitori stranieri con un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo. Se il genitore non ne facesse richiesta, può farla il diretto interessato entro i venti anni, o una volta compiuta la maggiore età nell’arco di tempo di due anni. Questa norma non riguarda dunque chi possiede un’altra cittadinanza europea, poichè il permesso di cui sopra viene rilasciato solo a cittadini extracomunitari. La legge vale anche per chi ha già compiuto i venti anni di età al momento dell’approvazione ma soddisfa tutti gli altri requisiti.
Naturalmente ciò ha scatenato una bagarre al momento della lettura alla Camera, dove la legge è stata però approvata al primo colpo. Si parla infatti di incostituzionalità della norma: il permesso viene solitamente rilasciato a chi se lo può economicamente permettere, ossia a chi supera con il proprio reddito l’importo annuo dell’assegno sociale; si rischia dunque, nel tentativo di trovare un comune accordo, di scivolare nella suddivisione della popolazione su una base censoria. Inoltre, la norma violerebbe gli articoli 29 e 30 della Costituzione (violazione della parità dei coniugi, nel caso in cui solo uno dei due sia d’accordo) e anche l’articolo 3, poichè lo ius soli temperato non viene considerato per coloro che risultano affetti da disabilità psichica.
Lo ius culturae, invece, prevede l’attribuzione della cittadinanza a coloro che sono nati in Italia o giunti entro il dodicesimo anno di età e che hanno compiuto un ciclo di istruzione scolastica di almeno cinque anni. Come prima, la richiesta deve essere avanzata dal genitore nel caso di minori o dall’individuo stesso entro due anni dal compimento della maggiore età.
La Camera, ovviamente, si è espressa in maniera variegata: il fronte di sinistra si è espresso in maniera compatta contro un Parlamento indeciso. M5S si è astenuto, secondo il deputato PD Edoardo Patriarca per “non voler riconoscere i meriti di questa maggioranza”. Secondo l’esponente grillino Riccardo Nuti, invece, il testo discrimina perchè a fronte di cinque milioni di stranieri residenti solo alcuni potranno usufruire della legge, che non è retroattiva: chi ha già compiuto i venti anni dovrà sborsare 200 euro per ogni pratica da approvare.
Contrari invece la Lega (“Renzi regala la cittadinanza italiana”, sostiene Borghezio) e Fratelli d’Italia. Forza Italia, invece, a fronte delle dichiarazioni della berlusconiana Annagrazia Calabria (“La cittadinanza non è fonte di integrazione”), ha contemplato voti favorevoli, come quello di Renata Polverini e dell’eterno nemico-amico Gianfranco Fini.
Dunque, con l’approvazione in Senato, si può finalmente dare il benvenuto a coloro che, già cittadini italiani da tempo, possono dichiararsi tali anche secondo la legge.