Studiamo in Italia ma facciamo l’Erasmus in Spagna, Francia, Germania, poi andiamo a Parigi, Berlino, Varsavia e i nostri acquisti li facciamo con l’Euro. Grazie all’ Unione Europea possiamo spostarci, viaggiare, vivere in diversi paesi con pochissime limitazioni. Ma questa libertà e queste comodità ci fanno sentire maggiormente cittadini europei?
La domanda riguardo al senso di appartenenza europea non è una questione nuova. Da anni le istituzioni europee monitorano le risposte e tentano di scovare la chiave che apra il cuore dei cittadini verso l’Europa.
Ogni anno infatti milioni di cittadini dei 28 paesi membri vengono intervistati. Ma non solo, a questi vengono aggiunti quelli dei 5 paesi candidati e la comunità turco-cipriota. Gli viene chiesto se si sentono cittadini europei, se si sentono esclusivamente cittadini delle rispettive nazioni o sia possibile coniugare nazionalismo ad appartenenza europea.
I risultati dell’ 81 esima indagine “Eurobarometer standard” (condotta nei mesi di maggio e giugno 2014), pubblicati dalla Commissione europea hanno rivelato un generale aumento del senso di appartenenza europea. Infatti il 65% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi cittadino dell’UE, contro il precedente 59%.
Leggermente diversa la risposta degli Italiani. Solo il 47% ha dichiarato di sentirsi cittadino europeo, collocandosi così all’ultimo posto e rivelandosi come i più distaccati. Basti confrontare i risultati con quelli della Grecia dove il 49%degli intervistati ha detto di sentirsi cittadino UE, e ben il 52% ha risposto nello stesso modo in Gran Bretagna.
Ma come mai gli Italiani fanno così fatica a sentirsi europei?
Prima, forse, bisognerebbe domandarsi perché gli Italiani facciano spesso fatica a sentirsi Italiani.
Gli Italiani si sentono prima del Nord o del Sud, poi Liguri, Piemontesi, Lombardi, Siciliani, poi Genovesi, Torinesi, Milanesi, Palermitani, e poi quando gioca la Nazionale, quando si trovano all’estero, o quando “arrivano gli immigrati” riscoprono di essere Italiani.
Le ragioni di questa mancanza di identità italiana, legata a motivi per lo più storici, vede la popolazione più legata al proprio territorio e di più ancora alla propria città che per definire se stessa utilizza il criterio dell’opposizione e non quello dell’inclusione. Questo modo di vedersi e sentirsi lo riscontriamo anche tra cittadini di piccole città contigue, i quali si sentono diversi da chi abita a pochi chilometri di distanza. “ Io sono di Voltri, non di Genova”, si sentirà dire a un abitante Genovese della costa Occidentale. Ma poi di fronte ad una differenza maggiore ci si sente “Liguri” perché “noi non siamo mica come i Lombardi”. Si può immaginare poi se ci si confronta con una persona “del Sud”, come possa apparire quasi come uno straniero. Ed è proprio per il principio di definirsi per esclusione che quando le differenze diventano troppo marcate, come all’estero, ci si scopre Italiani, basta condividere la lingua e la provenienza dalla stessa nazione.
Non dovrebbe stupire ,perciò, se gli Italiani sono la popolazione che fa più fatica a sentirsi cittadina europea. Sta ancora cercando di sentirsi italiana.
Ma un piccolo particolare potrebbe far presumere che la situazione possa cambiare, infatti i programmi messi in atto dall’Unione europea, come ad esempio gli scambi Europei, sembrerebbero far registrare un incremento, soprattutto tra le fasce più giovani di un maggior senso di identità europea. Tenendo conto, perciò, degli ultimi risultati mediamente positivi e in crescita dell’Eurobarometer chissà che tra qualche anno, andando all’estero non ci si scopra più solo Italiani, ma ci si riconosca pienamente cittadini europei?