È davvero una cosa impressionante il livello di razzismo che si sta ormai raggiungendo in questo periodo. La crisi economica e culturale che stiamo ormai vivendo conduce, grazie ad una crescente ignoranza, ad una necessaria ricerca di un nemico concreto da dover combattere e da poter additare come «causa del male».

In tutto questo, una delle cose peggiori, è che ci troviamo davanti ad una nuova forma di razzismo, talmente acuta, da far si che non ci si renda nemmeno conto di essere razzisti. Non solo l’Italia, ma l’Europa tutta, sta vedendo maturare al suo interno una certa forma di xenofobia, che attecchisce fin nel profondo delle persone, e che pertanto, troppo vicina a loro, le rende incapaci di riconoscerla anche qualora venga loro fatta notare.

Ci si indigna quando ci si sente dare del “razzista”, e si è orgogliosi di sostenere che mai e poi mai si farebbero differenze sul colore della pelle, della lingua, della cultura, della religione o di quel che si vuole, dato che tutte queste sarebbero cose che solamente un razzista noterebbe e terrebbe in considerazione nel valutare una persona nel momento in cui si voglia rapportare in qualche modo con lei.

Eppure, al tempo stesso, mentre quei criteri vengono tenuti lontani con vergogna, consci della negatività che un atteggiamento del genere porta con sé, le persone si valutano magari per l’odore, perché si sa, dopotutto “loro hanno un odore diverso, le riconosci subito, è proprio più forte, non è colpa loro ma la loro pelle non è che puzzi, è che ha proprio un odore molto forte, tipico”.

Così siamo tranquilli, la cosa non dipende più da noi e dal nostro modo di rapportarci e giudicare l’altro, tutto diventa qualcosa di oggettivo indipendente dalla nostra volontà, facendo di noi persone pure ed innocenti, che altro non fanno se non constatare semplici dati di fatto.

Il nuovo razzismo non si basa più sul colore della pelle, ma su qualsiasi nuova scusa che possa vedere nell’altro una minaccia per il nostro benessere, un benessere che ormai sparito da tempo vede l’altro come colpevole per il solo fatto di esistere e di richiedere diritto ad esistere in un mondo che appartiene a lui come a noi.

La naturalezza e la purezza con cui si prendono certe posizioni è raccapricciante, e lo è in virtù del fatto che queste derivino da una totale assenza di ragionamento, e pertanto all’incapacità di notare l’incoerenza che si genera tra tutto questo ed il dirsi “assolutamente non razzisti”.

Il nuovo razzista non è razzista, anzi, al contrario è una persona che soffre per la loro situazione, li capisce, è conscio che li si debba aiutare e che siano degli esseri umani come lui, e che pertanto godano degli stessi diritti e dello stesso sentimento di rispetto di cui anche lui gode; il nuovo razzista sa tutto questo, ma questo ha valore solamente fino al momento in cui “l’altro” è lontano, in cui è solo la notizia al telegiornale di un fatto accaduto in un posto distante.

“Si deve assolutamente fare qualcosa, è giusto intervenire ad aiutare”. Ma chi è che lo deve fare? Evidentemente è un compito che deve essere lasciato a “qualcun altro”, chiunque esso sia, che esista o meno.

L’ignoranza che scaturisce dalla nostra profondissima crisi culturale è quella che stravolge la realtà del nuovo razzista, e lo mette nella piacevole condizione di vivere felice con sé stesso, ed anzi, gli permette non solamente di avere la coscienza pulita, ma anche di potersi sentire la vera vittima di una situazione in cui addirittura “è colpa loro se si sono lasciati colonizzare e sfruttare”, risultando così la vera causa della crisi.

Ed ecco fatto, la vittima diventa carnefice, l’effetto diventa causa; tutto per salvare la buona ed onesta coscienza della persona civile e realmente umana.

Persino l’ateo si schiera in difesa di una religione in cui non crede e che spesso condanna, contro la quale lotta per partito preso, ma che all’improvviso diventa il suo segno distintivo contro il nuovo invasore “musulmano”. L’invasore viene da te per farti cambiare religione (e non importa che tu non ne abbia una, te ne darà lui una d’ufficio per poi potertela cambiare) e farti così diventare musulmano.

Dopotutto si sa, non è forse per questo che i musulmani vengono da noi? Non è per convertirci in massa? Tutti vengono inseriti in questa “macro categoria” attraverso la quale si fa di tutta l’erba un fascio, ed in cui al colore della pelle si sostituisce la religione.

Il nuovo razzista ateo è tollerante, paladino dell’altrui diritto di parola, religione e pensiero, purché questo diritto venga esercitato lontano da lui.

E quello che si dice cristiano non è da meno, pronto a violentare tutti i precetti della “sua” religione pur di poterla difendere e salvare dall’invasore.

Evidentemente l’amore è e deve essere universale e per tutto il genere umano, ma bisogna prima definire cosa sia “genere umano” in base ad una certa distanza che è necessario mantenere. L’altro, il “nostro fratello”, va aiutato se in difficoltà, soprattutto se lontano da noi, ma qualora ci si avvicini, allora in quel caso va scacciato energicamente. Il “nostro fratello” man mano che si avvicina diventa sempre più “l’altro” da temere.

La sensazione è troppo spesso quella di una massa informe senza né volto né volti, che come uno sciame di locuste migra verso di noi solo per consumare le nostre preziose e vitali risorse. Non è così!

Per saperne di più leggi anche gli articoli di Mauro Munafò o di Chiara Saraceno