Oggigiorno in Italia vi sono campi sui quali è difficile intervenire, non tanto, o non solo, per la complessità richiesta da tali interventi, quanto piuttosto per l’apparente insormontabilità di determinati tabù. Droga e prostituzione rappresentano due di questi campi proibiti, forse i due che maggiormente richiederebbero interventi immediati.
Tali interventi, dettati da una ormai palese ed incombente emergenza, esigono, oltre ad una certa celerità, un approccio non dettato dalla paura di infrangere vecchi tabù. È necessario affrontare questi problemi sulla base della necessità di risposte fresche e nuovi modelli, senza restare ancorati a vecchi schemi che ormai non rispondono più alle esigenze dell’oggi.
Teodora Rossi ha recentemente pubblicato due articoli, nei quali sottolinea brillantemente come, quando si parla di droghe, si parla in realtà del “vero motore del mercato nascosto”, e di come pertanto sia necessario discutere perlomeno della “legalizzazione delle droghe leggere”. Le sue argomentazioni entrano nel vivo del cuore pulsante di un problema in costante crescita.
È sbalorditivo riflettere sul quantitativo di droghe che quotidianamente vengono consumate, alimentando di fatto un florido mercato illegale, ormai poco clandestino. Ingenti somme di denaro circolano in un sostrato nascosto e delinquente che sempre più vive di quelle risorse per lui ormai indispensabili.
La propaganda proibizionista sottolinea quanto le droghe siano nocive per la salute, e come queste vadano pertanto vietate e tenute lontane. Così facendo, trascura a mio avviso alcuni presupposti che non dovrebbero in alcun modo essere ignorati.
Nessuno nega che il oro utilizzo causi dipendenza e che il loro abuso nuoca alla salute del consumatore. Ma non è forse un discorso, questo, altrettanto valido per le sigarette e per gli alcolici, di cui proprio lo stato detiene il monopolio, e che per lui rappresentano un’ingente fonte di entrate? Non mi risulta che per un fumatore sia facile smettere di fumare, o per un bevitore di bere. Così come è provato che l’abuso di fumo o di alcool, portino entrambi con sé gravi conseguenze.
Inoltre, si trascura un particolare prezioso, ovvero il fatto che qui non si tratta di legalizzare, nel senso di introdurre nel mercato, qualcosa che fino ad ora non c’è. Non si tratta di rendere reperibile qualcosa in grado di arrecare danno al cittadino. Le droghe, già oggi, sono presenti e sono prodotti estremamente semplici da reperire. Un atteggiamento puritano, pertanto, non ne diminuisce il consumo, ed anzi lo accresce.
Lo accresce in virtù del fatto che, una politica proibizionista, non danneggia i gruppi delinquenti che premono ed espandono costantemente questo mercato, bensì dà loro il monopolio di un settore diventato ormai per loro vitale, garantendogli ingressi costanti. Ci si dovrebbe ricordare di come il proibizionismo statunitense, non interruppe i flussi di alcool, né eradicò le cosche malavitose, che al contrario, forti di quel monopolio, si strutturarono maggiormente.
Perché dunque non legalizzare qualcosa che evidentemente già esiste, spostando semplicemente quelle entrate dalle cosche allo stato, e permettendo inoltre una maggior presa di coscienza nei confronti di qualcosa che, tabù, è poco e mal conosciuto?
Discorso analogo e più complesso, credo che si possa e si debba fare con riguardo al problema della prostituzione. Analogo non significa uguale, giacché in questo caso si parla di persone, e non di oggetti da smerciare (o perlomeno così dovrebbe essere).
Anche in questo caso, ci si trova davanti ad un ricco mercato, che trasforma numerose ragazze in semplici oggetti d’uso, prive di qual si voglia diritto. Ed è proprio questo il problema, il fatto che si tratti di un mercato, ove ad una domanda corrisponda prontamente un’offerta.
Si discute oggi sull’adeguatezza o meno della cosiddetta legge Merlin, e di quelli che sono stati i provvedimenti successivi alla sua entrata in vigore. L’opinione pubblica, a tale riguardo, si divide in due: chi sostiene la giustizia di tale provvedimento e chi invece lo taccia di insensatezza.
La legge Merlin, è quella con la quale, nel 1958, si sancì la chiusura delle case chiuse. Nacque in un determinato contesto stoico e sociale, e rispondeva ad esigenze precise, in un momento in cui ci si batteva per i diritti e per la dignità delle donne. Era questa la direzione del provvedimento.
Oggi, quella stessa legge, non rispondendo più alle esigenze dei tempi che cambiano, rischia di andare esattamente nella direzione opposta. Oggi, di fatto, la prostituzione è tutt’altro che estinta, e viene esercitata con modalità completamente diverse rispetto al passato.
Le ragazze si sono trasformate in carne, sfruttate da organizzazioni che lucrano su un commercio di schiave. Trasformate in semplici oggetti, sono oggi prive di qualsiasi diritto, trattate alla stregua di animali, ben lontane dall’essere considerate esseri umani, sono costrette ad esercitare sulle strade o nel chiuso di appartamenti privati.
Questa non è dignità!
Tornare a legalizzare e regolamentare la prostituzione significa, ancora una volta, privare la delinquenza di fondi preziosi, e spostarne parte allo stato. Significa abolire quella viscida schiavitù oggettivante e trasformare nuovamente queste ragazze in persone libere. Significa toglierle dalla strada e dare loro un tetto, significa privarle di un padrone e renderle padrone di sé stesse. Significa far conoscere loro parole come: diritti, tutele, controllo, riconoscimento e dignità.
È necessario oggi superare questi tabù derivanti da una morale a volte troppo rigida, e pertanto incapace di evolversi. Superare questi tabù non significa abbandonare la morale, ma al contrario, è un atto morale di per sé.
Per quanto mi riguarda, spero che tutto questo si scontri maggiormente contro i beceri tabù di qualcuno, che contro eventuali interessi di diverso genere.