Il porre assieme le parole “linguaggio” e “persuasivo”, ha come risultato il non comprendere dei non addetti ai lavori, eppure siamo costantemente circondati da venditori che utilizzano il linguaggio persuasivo per convincerci a comprare qualcosa. Il fenomeno della persuasione avviene in una maniera alquanto sottile, se non fosse così ognuno si accorgerebbe che l’altro ci sta rifilando paccottiglia.
Per Jürgen Habermas, illustre filosofo e sociologo tedesco, vi sono due modi di agire, quello strumentale e quello comunicativo. Il primo tende a vedere l’altro come un oggetto, oggettivandolo ed usandolo per raggiungere scopi prefissati come la vendita illustrata precedentemente. D’altro stampo è invece l’agire comunicativo, agire proprio dell’uomo che in quanto essere sociale può raggiungere il benessere solo se ha rapporti con i suoi simili, pertanto questo agire non vede l’altro come un oggetto come nel primo caso ma come un altro soggetto capace di dare delle ragioni.
Alla base di ogni tipo di discorso vi è l’intesa, senza che ci sia questa non è possibile un dialogo. Se un cinese ed un italiano si mettono a parlare ma non hanno una lingua terza di comprensione, ognuno dei due non capirà nulla di quello che dice l’altro e non vi potrà essere alcun discorso. Provare per credere.
Se vi è l’intesa linguistica i due potranno proseguire nella manifestazione delle reciproche ragioni in merito a determinati fatti, non vi è una supremazia o una persuasione dell’uno sull’altro, semplicemente “vince” il discorso più valido, chi ha espresso la ragione più convincente e sposterà il conversante dalla sua posizione naturalmente, senza che vi siano forzature di alcun genere.
La persuasione quando è dannosa?
La persuasione è sempre dannosa in campo politico. Quando si guarda un programma televisivo di dibattito incentrato sulla politica è palese notare come il politico non parli mai di cosa accada realmente nel suo paese, bensì parlino degli avversari con toni sensazionalistici.
Il politico è come il venditore di prima, forse più raffinato, in sintesi vende la sua storia, una storia che non è reale ovviamente, inventando dati a piacimento e convincendo la folla di come il suo partito stia realmente lavorando per il proprio paese, di come la crisi stia diminuendo, i posti di lavoro aumentando ecc.
Se il politico utilizzasse il linguaggio comunicativo non per provare alla folla il proprio operato ma per poter “vincere” contro il rivale politico facendo valere così le proprie ragioni, al fine di “spostare” l’altrui punto di vista per giungere ad un terzo punto comune, utile nel caso vi sia una vera volontà di cambiamento per il paese che trarrebbe giovamento dal confronto tra le forze politiche, sarebbe senza alcun dubbio un uso virtuoso e positivo.
Nel dibattito politico non si ha una vera e unica visione della realtà, ogni realtà è deformata. Si fanno affermazioni di realtà che giustapposte l’una all’altra diventano incoerenti, contrastanti, incompatibili, scatenando di fatto per i più attenti l’incertezza e la confusione del non rendersi conto della situazione effettiva e non poter fare una previsione futura di quello che succederà da lì a pochi anni. Tale situazione in Italia è palpabile: i giovani non sanno che cosa accadrà nel loro futuro, i genitori con figli a carico non sanno per quanto tempo dovranno ancora mantenere i figli, i lavoratori sono nell’incertezza se allo scadere del contratto determinato gli verrà rinnovato o meno, il che causa il collasso economico e sociale della società: nell’incertezza nessuno spende, nell’incertezza nessuno sa cosa fare della sua esistenza. Un collasso su tutti i fronti.
Tornando al tema precedente, se il venditore agisce vendendo la propria mercanzia per uno scopo privato, il sopravvivere, più abbietto è lo scopo dell’utilizzo degli slogan che portano l’altro ad effettuare un azione senza riflessione, si potrebbe fare l’esempio della pubblicità di alcune marche di shampoo per capelli, le cui modelle hanno capelli scintillanti e innaturali, in sintesi “photoshoppati”.
Si utilizzano pubblicità da anni per tale scopo ed io non sono contraria, credo che ognuno prima di comprare qualcosa debba pensare ai pro e ai contro del prodotto che è in procinto di acquistare al di là dello spot pubblicitario.
Diverso e ben più ingannevole è l’esempio politico dell’utilizzo di slogan, così che si comprenda fino a che punto siamo pervasi dal linguaggio persuasivo. Importante fu lo slogan ideato dal gruppo di Silvio Berlusconi che, in piazza San Giovanni a Roma nel marzo 2010 per le elezioni del governatore della regione Lazio ha dichiarato: “Sconfiggeremo anche il cancro!», seguito dal boato della folla. Che collegamento vi è tra la cura per il cancro e le elezioni politiche? Uno dei punti del programma della regione Lazio fu per caso lo sconfiggere il cancro? Non che io ricordi.
Questo è un tipico uso dello slogan in cui il vero messaggio, votate i candidati di tale partito, è celato davanti ad un importante malattia incurabile per fare presa sulla folla, generando sconcerto in chi comprende il messaggio contraddittoriamente voluto. Non vi è nessun collegamento tra il debellare il cancro ed il votare per un determinato politico.
Vorrei fare un’ultima riflessione, se un partito svia dal discorso politico, incredibilmente importante per l’Italia che necessita riforme, per far presa sulla folla alimentando promesse che non può mantenere, non è che forse e dico forse, l’unica cosa di cui si cura è quello di farci tutti “fessi” per alimentare solamente i propri privilegi?