6 milioni 788 mila. Questo il numero delle donne residenti in Italia vittima di violenza fisica o verbale, emerso da un’indagine Istat condotta tra il 2009 e il 2014 e presentata esattamente quattro mesi.
Il dato lascia presagire un miglioramento rispetto al precedente studio statistico riguardante il periodo tra 2006 e il 2009, in cui emergeva l’inquietante dato che nel Bel Paese una donna tra i 24 e i 65 anni su 2 fosse vittima di atti violenti, fisici e verbali.
La riduzione va in gran parte attribuita al lavoro di formazione dei centri antiviolenza, che aumentano la consapevolezza nelle donne che la violenza sia un reato. Tuttavia da solo tale lavoro non è sufficiente se si considera che solo il 4,9% delle donne vittime di violenza si rivolge a tali centri per chiedere aiuto e che solo il 11,8% di coloro che hanno subito molestie o maltrattamenti denunciano alle forze dell’ordine il fatto accaduto.
Dati raddoppiati rispetto alla precedente analisi, ma ancora non positivi, soprattutto se li si mette in relazione al fatto che la sensibilizzazione sembra attecchire solo tra le giovani donne con un altro livello di scolarizzazione e che oltre il 40% delle vittima di violenza domestica non denuncia ciò che accade all’interno delle proprie mura di casa.
Il dato più inquietante emerge proprio quando si parla di violenza domentica. A differenza delle credenze più comuni, spesso suffragate dalla propaganda anti immigrazione, non sono stranieri o sconosciuti i maggiori artefici di violenze. Nel 62,7% dei casi è un partner o ex partner a commettere uno stupro e altri generi di violenze fisiche come schiaffi o pugni.
Se da un lato è aumentata la consapevolezza e la forza di denunciare e sottrarsi alle violenza e diminuito il numero di coloro che nega o si vergogna delle molestie subite, quello che non accenna a scalfirsi è lo zoccolo duro degli stupri che rimane stabile al 1,2% con addirittura un incremento dal 18,8% al 34,5% nella percentuale di donne che hanno temuto per la loro sicurezza e della gravità delle violenze perpetrate da partner.
Ultimo dato che risulta pericolosamente in crescita è quello della violenza assistita, ovvero la violenza vissuta indirettamente dai figli dalle donne che subiscono maltrattamenti, che aumenta dal 60,3% al 65,2%, e che rischia di perpetrare all’infinito un circolo vizioso di abusi. Un bambino che rimane per lungo tempo a contatto con la violenza, sarà infatti propenso a ricreare la sua quotidianità violenza in altri rapporti sociali.
A quattro mesi dalla presentazione di tali dati e con ancora davanti agli occhi la sentenza dei “sei di Fortezza da Basso“, che vennero accusa in primo grado per aver violentato una ragazza ma vennero poi prosciolti dalla Corte d’Appello a causa “della vita non regolare” e dei “due rapporti occasionali e uno omosessuale” di quest’ultima, bisogna chiedersi che l’Italia abbia fatto abbastanza in questi sei anni per combattere alla radice il fenomeno della violenza sulle donne.
Il 7 maggio 2015 il dipartimento per le Pari Opportunità ha presentato un “piano di azione contro la violenza sessuale e di genere” che servirà a creare una serie di politiche pubbliche volte in primo luogo a combattere il problema attraverso la prevenzione, ma non si vedono all’orizzonte altre misure volte a migliorare dati emersi dall’indagine.
In Italia una donna su tre è ancora vittima di violenza ed primo passo per estirpare questo virus è partire dalla formazione primaria, perchè se per troppo tempo ci è stato insegnato a non essere violentate, è arrivato il momento di insegnare a non violentare.