2015, crisi migratoria, Unione Europea. Sono forse queste, le parole che di più abbiamo visto combinarsi ed intrecciarsi nei giornali e notiziari di tutto il mondo. Sì, siamo nel 2015 e ci troviamo a dover affrontare la più grave crisi migratoria dal dopo guerra e con un’Unione Europea che di “unione” , ormai, ha soltanto il nome.
Si parla di urgenza da mesi, ma di tempestività e rapide soluzioni neanche l’ombra. Nel frattempo, il caos regna sovrano. C’è chi decide di fortificare, innalzare ed estendere i muri disseminati qua e là in tutto il vecchio continente. Chi minaccia la chiusura delle proprie frontiere, chi cerca di eludere gli accordi di Schengen e chi semplicemente tace. Tutto questo, all’indomani dell’approvazione del piano previsto da Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione europea, che prevede di distriburie 120mila profughi tra i paesi dell’Unione.
E poi c’è la Spagna.
Spagna: un’eccezione?
Se da un lato questo paese continua a seguire una linea dura nei confronti della migrazione clandestina e fortifica le barriere fisiche che lo separano dal Marocco. Dall’altro, dimostra di essere uno trai i paesi che ha approvato più riforme in tema di migrazione, in Europa. Sono infatti 15, ad oggi, quelle approvate a partire dal 1990.
La migración es un desafío global que sólo entre todos podremos resolver
C’è bisogno di un “pacto global”, dice José Manuel Garcia-Margallo, ministro degli affari esteri spagnolo, durante il suo intervento all’ONU, pochi giorni fa. Margallo, sottolinea l’importanza di agire su due fronti sì, ma in maniera unanime:
- rispondere alla crisi umanitaria
- lavorare ad una politica migratoria che prenda in considerazione le differenze intrinseche tra i concetti di asilo e di migrazione economica
La Spagna inoltre, si è dimostrata immune, o quasi, all’ondata anti-immigrazione che ha attraversato gran parte dell’Europa degli ultimi mesi. Insomma, l’orientamento del paese in quanto a politica migratoria sembra uno e solo uno, quello verso l’integrazione generale.