Il «made in Italy» vince ancora sul mercato mondiale.

 Circa un secolo fa, Simmel notava come la vista fosse il più elevato e sublime dei sensi. Con la cosiddetta “post-modernità” – nella quale riemergono sogni e desideri primitivi che fanno riferimento agli altri sensi – quel privilegio si è fortemente ridimensionato, lasciando spazio anche a olfatto, udito, tatto e odore.

Dalle calzature al pret à porter, dalle biciclette alle automobili ed in particolare l’enogastronomia sono diventate nuovi settori nell’ambito dei consumi di lusso. Si abbandonano, ad esempio, i fast food per tornare ai prodotti locali e artigianali (olio, vino, aceto, ecc.) che sono accessibili solo ad un pubblico di nicchia. Riprende, così, effetto il “Made in Italy”.

Ma cosa significa veramente l’espressione “fatto in Italia” che tutti noi pronunciamo con grande orgoglio nazionalistico? Sta ad indicare che i prodotti sono completamente progettati, fabbricati e confezionati in Italia (interamente realizzati, quindi) o che in Italia hanno subito l’ultima sostanziale modifica.

Qualità e affidabilità; creatività ed originalità sono le parole-chiave di quello che oggi è diventato una sorta di marchio commerciale, che caratterizza le eccellenze artigianali e industriali italiane.

Come dimostrato da recenti statistiche, se il “Made in Italy” fosse un brand oggi sarebbe il terzo marchio più noto al mondo, dopo Coca-Cola e Visa.

Made in Italy

Il Made in, di cui spesso si discute anche in sede europea – ha affermato Antonio Achille, partner and managing director di Bcg a Milano – è un asset irrinunciabile per i clienti globali del lusso. La provenienza dei prodotti è un aspetto fondamentale per l’80% dei consumatori, che dichiara di verificare l’origine dei prodotti acquistati, soprattutto nei Paesi emergenti, che sappiamo essere i mercati più interessanti per le aziende italiane. In tutte le categorie del lusso personale – conclude Achille – il made in Italy è in testa alle classifiche di preferenza, un dato tre volte superiore rispetto al made in France. Fanno eccezione gli orologi, dove la Svizzera rimane il Paese di riferimento, ma non è un risultato che sorprenda, ognuno ha la sua specializzazione.

Affermo, dunque, con grande orgoglio che è necessario puntare sul “Made in Italy” e che, nonostante la concorrenza dei paesi a basso costo, possiamo essere ancora vincenti nel tessile, nell’ abbigliamento, nell’enogastronomia, nelle piastrelle ceramiche – e non solo – se offriamo prodotti di eccellenza, che proprio i nuovi ricchi (come cinesi e indiani) desiderano.