Con l’evoluzione della robotica, cresce l’immaginario collettivo di un futuro dominato dalla tecnologia e dalle macchine, nell’obiettivo di ridurre i costi e velocizzare la produzione, con sistemi produttivi sempre più efficienti e capaci di sostituire gli uomini nell’attività lavorativa quotidiana.
Un tempo fantasie dei film di fantascienza, oggi realtà di un sistema produttivo sempre più automatizzato.
Lo sviluppo tecnologico delle imprese ha portato a una diversificazione del mondo del lavoro e a un cambiamento di quelle che erano prima le figure professionali.
Nuovo mondo del lavoro
La crescente informatizzazione delle aziende caratteristica trainante del processo di globalizzazione ha scatenato una rivoluzione nelle professioni lavorative. Il vecchio modo di intendere il lavoro è andato in crisi, le vecchie professioni si sono trasformate o trasferite in Paesi con costi di produzione e sociali minori, mentre le nuove si sono sempre più specializzate. La ricerca di nuove figure lavorative, va di pari passo con l’aumento del divario tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, accentuato dalle crisi di quelle aziende che non sono state in grado di sostenere l’evoluzione tecnologica richiesta per competere sul mercato.
Lo sviluppo tecnologico delle imprese ha reso quindi più acuta, una crisi che è insita nei processi capitalistici, fondati sull’innovazione e si è poi riflessa sul mercato del lavoro.
Sviluppo tecnologico come fenomeno negativo?
Secondo Eric Brynjolfsson, professore della MIT Sloan School of Management e il suo collaboratore Andrew McAfee, i progressi della tecnologia informatica e dalla robotica industriale sono i responsabili principali della deludente crescita economica degli ultimi anni. I due professori del MIT prevedono un ulteriore crollo dei lavoro, con l’aumento delle nuove tecnologie, nel comparto manifatturiero, nei servizi, nelle attività al dettaglio, nei settori legale, finanziario, educativo e medico. Infatti, il rapido cambiamento tecnologico si caratterizza per il segno negativo a causa del più veloce processo di distruzione dei vecchi sistemi di lavoro rispetto alla creazione di nuovi posti di lavoro. Tutto questo produce stagnazione dei redditi medi e crescita delle diseguaglianze, sia negli Stati Uniti che negli altri Paesi a economia avanzata.
Lavoro sempre più automatizzato
Le tesi di Brynjolfsson e McAfee trovano riscontro nell’analisi dell’andamento dell’occupazione nei sistemi manifatturieri delle due grandi potenze in questo ambito, come Stati Uniti e Cina, che presentano tassi di occupazione nei diversi settori produttivi, inferiori rispetto al 1997, in relazione a una maggiore automazione della produzione. Nel settore dei servizi l’andamento non è diverso, con il trasferimento di settori operativi verso Paesi a più basso costo e con lo sviluppo di software web a intelligenza artificiale, capace di automatizzare compiti di routine e incidere sui lavori impiegatizi, come uffici postali o servizi di assistenza clienti.
Alla ricerca di nuovi lavori
In realtà, non si può dire con certezza se queste nuove tecnologie sono effettivamente responsabili della sostanziale stagnazione dell’occupazione nell’ultimo decennio. Crisi finanziarie ed eventi connessi alla globalizzazione dei mercati possono spiegare la lentezza nella creazione di lavoro dalla fine dello scorso secolo. La polarizzazione del mondo del lavoro ha sì svuotato la classe media di quelle che sono le tradizionali occupazioni, ma ha anche aperto nuove opportunità occupazionali che dipendono anche dal grado di adattamento delle singole popolazioni.
Più educazione per il futuro
Adattarsi ai nuovi andamenti del mercato e non farsi trovare impreparati è un passo vitale per avere speranze di inserirsi nel mondo del lavoro. In questo ambito un ruolo importante deve essere svolto anche dai governi e dal coraggio di investire nell’istruzione e nella formazione della forza lavoro di oggi e domani. Nell’ambito dell’Unione europea sono numerosi i progetti di formazione professionale e di inserimento, che molto spesso vengono messi in pratica in modo poco efficace dai governi, più interessati ad accaparrarsi finanziamenti europei che a metterli in pratica in maniera efficace.
Le nuove tecnologie sono degli strumenti pensati per migliorare i servizi e la qualità della nostra vita, se al progresso tecnologico però non si collega la stessa pianificazione in termini di riforme e politiche lavorative, il sistema non si riequilibrerà mai.
Più legati a vincoli finanziari e a misure populiste siamo sicuri che i nostri governanti abbiano una giusta visione di lungo periodo?