L’iter legis italiano, si sa, è lungo e tortuoso. Una volta presentata una proposta di legge da parte del Governo, questa va approvata dal Presidente della Repubblica, il quale la invia alle camere che la modificano e la approvano per poi metterla nelle mani dello stesso Presidente, che può firmarne la ratificazione o rimandarla alle Camere le quali, se non approvano emendamenti vari, possono obbligarlo a firmarla alla seconda presentazione. La legge diviene poi attiva quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Vi sono però casi di particolare urgenza per i quali il Governo può presentare un decreto legge, ossia una richiesta che giunga direttamente nelle mani del Presidente senza passare dal vaglio delle Camere, cioè dei rappresentanti dei cittadini. Pensata dai Padri Costituenti per i casi di effettiva necessità, questa norma è però utilizzata selvaggiamente per l’approvazione di leggi che aiutino il Governo in casi estremi, quali quelli in cui non si sia certi dell’approvazione parlamentare.

Lo stesso accade con la questione di fiducia: facendo dipendere la maggioranza dall’approvazione di una determinata legge, i governi compattano la propria azione contro i franchi tiratori che potrebbero nascondersi dietro il voto segreto, e costringono a una sorta di ricatto il resto del Parlamento in nome della stabilità politica del Paese.

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

Articolo 77 della Costituzione Italiana

Negli ultimi anni, l’abuso del decreto legge è stato l’indice principale per misurare la “paura” o la debolezza di un governo. Nel primo governo interamente svoltosi nel III millennio, il Governo Berlusconi II e III (2001-2006) sono stati 217 i decreti legge e 31 le questioni di fiducia; nel periodo successivo, il Governo Prodi ha emanato 47 decreti legge in meno di due anni di governo e 38 fiducie, a cui si sono succeduti il Berlusconi IV (45 fiducie e 80 DL), il governo Monti (51 fiducie e una media di 2,2 DL al mese, utilizzo in parte giustificabile per la presenza di un governo tecnico), e il governo Letta (10 fiducie e 28 DL).

L’attuale governo Renzi, a un anno e mezzo dall’inizio del suo mandato, ha accumulato 35 DL e 40 fiducie (dai aggiornati al 10/07/2015, fonti Openpolis.it). Un numero parecchio alto di questioni di fiducia che viene visto da alcuni osservatori come una garanzia dell’inscalfibilità del Governo, ma un numero anche troppo elevato di decreti legge per i soli venti mesi di attività. Vere emergenze o timore del nemico? Ai posteri l’ardua sentenza.