A Marty e Doc serviva poco per fare in modo che la loro auto viaggiasse fino al 21 ottobre 2015. Una buccia di banana, un guscio d’uovo e il gioco era fatto.
Oggi, a trent’anni di distanza da qualcosa che poteva essere solo immaginato, sembra possibile riuscire a trasformare i rifiuti organici in carburante “green”.
I rifiuti organici infatti si prestano a diverse modalità di trasformazione: il compost per l’agricoltura, il biogas per la produzione di energia elettrica o di biometano.
Ma il processo di trasformazione è molto più lungo rispetto a come immaginato in “Ritorno al futuro”. Per prima cosa, tutto parte dalla raccolta dei rifiuti organici, meglio conosciuti nelle nostre case come “umido”. Di ciò si occupa la Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano).
Nel 2013, la raccolta dell’umido si è attestata a circa 5,2 milioni di tonnellate, circa il 42% dei rifiuti urbani in Italia, poco più della metà di quanto potenzialmente ottenibile dal processo di trasformazione e dunque non ancora sufficiente per soddisfare gli standard fissati dalla legge sul 62%.
Ma le previsioni sono ottimistiche, secondo la Althesys, una società indipendente specializzata nella ricerca nei settori ambiente ed energia, in Italia ci sono margini di crescita: “La gestione dell’organico non è ancora completamente sviluppata, l’incremento della raccolta differenziata della forsu potrebbe consentire un ulteriore crescita di settori industriali già maturi, quali il compostaggio e la digestione anaerobica, e la nascita di nuove filiere, ad oggi scarsamente sviluppate, come quella del biometano”, spiega Alessandro Marangoni, amministratore delegato della società.
A rimarcare il non completo sviluppo della gestione di raccolta, alla giornata dell’alimentazione si è parlato del potenziale dei rifiuti organici. Infatti I quasi 5 milioni di tonnellate di umido non ancora intercettati produrrebbero circa il 37% dei consumi italiani di metano per autotrazione nel 2013.
La Montello Spa in provincia di Bergamo ha già messo le mani sul progetto, infatti nel suo centro di compostaggio arriva circa il 50% dei rifiuti organici della Lombardia. La produzione del primo litro di biometano è prevista nel 2016 e sarà utilizzata per mobilitare i mezzi della società.
La scelta dell’azienda bergamasca è stata ben vista anche da Massimo Centemero, direttore del Consorzio italiano compostatori, il quale punta il suo interesse sul valore ambientale e sulle potenzialità:
Se tutto l’umido raccolto in Italia grazie alla raccolta differenziata fosse trasformato in biometano, si produrrebbe carburante sufficiente a far muovere tutte le flotte impegnate nel ritiro dei rifiuti.
Come già detto la trasformazione richiede un lungo processo. Parte fondamentale dello sviluppo del biogas in biometano è l’operazione chiamata Upriding, in cui la parte organica viene privata delle sue impurità.
La Montello sta già provvedendo alla costruzione di spazi riservati all’upriding, ma ciò che blocca il processo attualmente sarebbe l’assenza di definizione delle norme a cui il prodotto deve essere conforme, sia per l’immissione nella rete che per l’uso come carburante per autoveicoli.
Questo processo ha anche dei contro, infatti per potere smaltire l’acqua prodotta durante la trasformazione si dovrebbero costruire apposite strutture di smaltimento. Ciò andrebbe ad influenzare un altro aspetto negativo del progetto, cioè i costi di investimento relativamente alti per iniziare un’attività di questo tipo.
I rifiuti organici quindi sembrano essere la nuova frontiera per la produzione di energie eco-compatibili, ma la ricerca nel nostro Paese è appena iniziata. Sicuramente insistere su questo sistema porterebbe alla produzione di energia italiana, senza dunque il bisogno di importare cospique quantità di energia già “prodotta”. In secondo luogo sarebbe più alla portata il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.