È di sole due settimane fa la notizia relativa all’uso mirato dei droni in Afghanistan, Yemen e Somalia. Più precisamente si tratta di una soffiata che arriva direttamente da un membro dell’intelligence e riguarda il programma americano di omicidi mediante l’uso mirato di aerei speciali, ovvero telecomandati a distanza e senza equipaggio.
Ma ricostruiamo la dinamica della soffiata in questione. I documenti scottanti, inseriti in apposita cache, sono stati passati da fonte anonima al sito The Intercept al fine di rendere pubblica le modalità secondo cui le alte sfere del governo statunitense stilavano una lista di civili da condannare a morte.
Classificati come rivali perché combattenti, di questi civili innocenti- in realtà- si è fatta strage immotivata e silenziosa. Fornendo i dettagli dei meccanismi interni all’ingranaggio militare statunitense, il dossier porta alla luce una verità da molti ignorata che è quella della “guerra dei robot”.
Inoltre, la parte dell’inchiesta intitolata “A Visual Glossary” descrive bene il funzionamento dei droni, come avviene l’attacco e chi lo autorizza. Risulta, così, che l‘intercettazione degli obiettivi passa attraverso la localizzazione della sim card del cellulare che è a sua volta agevolata dai comitati di intelligence internazionale.
I droni, nel gergo “birds”, effettuano la loro caccia all’uomo secondo un sistema di “disposition matrix”, ovvero un ciclo di tre fasi che si ripetono:
- trovare la persona (Find)
- mirare alla persona (Fix)
- fare fuoco e finirla (Finish)
Pensare a questi droni come giocattoli o videogiochi, svuotati dall’umanità e votati all’omicidio senza preavviso, solleva seri dubbi circa l’affidabilità dell’amministrazione americana in quanto ciò rappresenta una sistematica, impunita violazione del diritto internazionale.
Appaiono, inoltre, diapositive raffiguranti la catena di comando di tali operazioni destinate ad agire in modo letale su intere popolazioni inermi. Difatti, una rivista tedesca– già tre anni or sono- calcolava più di 2000 persone uccise, cadute per diventare un marchio di garanzia della presidenza americana. Nella fattispecie, il Washington Post riporta un bilancio agghiacciante: su 3375 morti circa 885 sono civili e 176 sono bambini.
Sembra chiaro, dunque, che la tanto acclamata cattura dei terroristi non corrisponde ad un successo tattico sul campo, tanto più che la Casa Bianca non è stata in grado di portarla a termine senza che non vi siano stati innocenti tra i morti ed i feriti. Piuttosto, tali operazioni vengono spesso descritte dai media in modo totalmente differente da come avvengono realmente. Difatti, nel decennio scorso gli attacchi condotti da questi velivoli, contro i fondamentalisti islamici, non sono stati pubblicizzati.
Si noti però che questo gate non è nuovo ma risale al lancio del primo drone e già nel 2003 faceva parlare di sé poiché accompagnato dalla raccomandazione sul suo utilizzo puramente preventivo. Ed invece, dai documenti analizzati da “The Intercept” si deduce un basso tasso di affidabilità nella raccolta delle affermazioni che fanno scattare il disposition matrix del drone.
Protagonisti di una guerra imperitura, quella del terzo millennio, gli aerei a pilotaggio remoto sono stati scelti da Obama come arma preferita per combattere il terrorismo. Ma sono anche mezzi responsabili di un’alta percentuale di “danni collaterali” e di esecuzioni extragiudiziali dato che sono esclusi dai ricorsi processuali. Infine, il rischio che i bombardamenti dei droni siano considerato crimini di guerra è elevato d è accompagnato dal pericolo che gli operatori confondino la realtà militare con una partita di playstation. Ed infatti l’ONU condanna la guerra e critica aspramente le operazioni poco trasparenti di questi velivoli.