Il Dipartimento di Stato USA ha approvato la richiesta italiana di armare due droni vendendo un kit di bombe e missili uilizzati dagli alleati in altre missioni. I velivoli erano stati finora utilizzati solo per fini di ricognizione, intelligence e sorveglianza.
Londra era finora l’unico paese autorizzato ad armare i propri droni, ora anche l’Italia aspetta il vaglio ufficiale del Congresso, che si dice non tarderà ad arrivare. Insieme a Washington, fu l’Italia la prima ad interessarsi al kit bellico, infatti la prima richiesta risale al 2012.
“Questo trasferimento contribuirà alla politica estera e di sicurezza degli Usa, migliorando la capacità di un alleato della Nato che è stato un membro integrante di ogni recente operazione dell’Alleanza e degli Usa”. Così un portavoce di Stato Americano ha commentato la scelta di concedere al nostro Paese l’ok per l’armamento, ha inoltre aggiunto che l’Italia è sempre stata “un alleato capace” nelle missioni affianco agli USA.
L’Italia acquisterebbe 156 missili, 50 bombe di cui 20 a guida laser e altri sistemi d’arma. Questo arsenale andrebbe ad armare due dei dodici droni integrati nel 32/o Stormo di Amendola, in provincia di Foggia. Il contratto stipulato parla di 129,6 milioni di dollari.
Ma come verranno utilizzati i velivoli una volta armati? Il Generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Areonautica, ha rimarcato il fatto che avendo avuto dei droni armati in Afghanistan si sarebbero potute evitare alcune perdite umane, grazie alla tempestività degli interventi che i velivoli garantiscono.
Ma questo non è l’unico utilizzo prefissato, “In futuro potrebbero tornare utili anche nel contrasto all’immigrazione clandestina. Chi non ne conosce l’impiego e le caratteristiche continua a ripetere che i droni non si possono utilizzare per colpire i barconi prima della partenza. Chi lo dice non sa di cosa parla.”
E continua “La permanenza illimitata e a basso costo consentita da questi velivoli su particolari aree di interesse, permette di discriminare finemente lo scenario di terra e le intenzioni di chi è a terra. Cioè di valutare con certezza se ci si trovi di fronte ad attività preparatorie dell’imbarco di disperati o a una battuta di pesca. È chiaro che, in casi controversi, non si spara.”
Ma durante il via libera della Casa Bianca e il nullaosta del Congresso, alcuni deputati americani si erano opposti alla cessione rivendicando la paternità dei progetti che dovrebbero essere solo proprietà degli USA.
Invece è proprio la cessione di armamenti sofisticati agli alleati più affidabili la direzione presa dall’Amministrazione Obama, che potrebbe affidare compiti in prima linea nelle missioni contro l’Isis nello scottante scenario libico.
E’ proprio in questo contesto che si celano le reali ragioni commerciali. L’industria d’oltreoceano sarebbe preoccupata dei recenti progetti di costruzione di armi tecnologiche in via di sviluppo in paesi come Cina, Russia e Gran Bretagna con il rischio di perdere dei potenziali acquirenti.
Anche su questo punto si è espresso il Generale Tricarico che ha commentato la decisione di comprare le armi dagli Alleati, ma ha puntualizzato che il nostro Paese starebbe comunque continuando la ricerca. “L’Italia, volendo, ha la tecnologia e il know how sufficienti per costruirli da sola. Certo, ciò può costituire un ulteriore disincentivo a percorrere questa strada. Ed è un grave errore, perché c’è una condivisione generale che i droni saranno al centro della dottrina militare del futuro. Probabilmente lo sono già adesso. Non sviluppare capacità proprie, a prescindere dagli alleati, è profondamente sbagliato.