L’odierno sistema democratico soffre un profondo momento di crisi che si manifesta in un generale disinteresse nei confronti dei suoi meccanismi partecipativi. La nostra democrazia rappresentativa vede nel voto il mezzo attraverso il quale i cittadini possono prendere parte alla vita politica ed eleggere la propria rappresentanza, manifestando in questo modo la loro volontà.

Il voto tuttavia, non permette solamente di eleggere i propri rappresentanti, ma può essere utilizzato anche nel più efficace strumento del referendum. Questo è un mezzo attraverso il quale la voce popolare non ricorre alla rappresentanza ma si esprime direttamente in merito a determinate questioni. È, o perlomeno dovrebbe essere, il più efficace mezzo a disposizione del cittadino per far valere i propri diritti ed esprimere in maniera concreta la propria volontà.

È tuttavia bene utilizzare il condizionale piuttosto che esprimere una certezza, ed interrogarsi sul quale sia il valore odierno della voce popolare all’interno della vita politica.

La sfiducia generale nei confronti della classe politica, trova fondamento nella forte sensazione di distacco tra quest’ultima ed un elettorato che riscontra un sempre maggiore interesse dei propri rappresentanti per la soddisfazione di interessi personali piuttosto che per il conseguimento di un bene pubblico, comune e condiviso. Ma si tratta di una semplice ed infondata sensazione, o il popolo ha reali e concrete ragioni per vivere questo distacco tra sé e la politica?

Riflettere sulla gestione della cosa pubblica rischia di essere un lavoro infruttuoso; si rischia infatti di entrare all’interno di un perverso e poco ragionato gioco di rimandi di colpe, ove ognuno potrebbe indicare come responsabile di una data situazione i rappresentanti dello schieramento opposto: i sostenitori del governo incolpano l’opposizione ed il suo operato, mentre i sostenitori dell’opposizione fanno altrettanto con il governo. Il risultato è che in questa situazione nessuno è soddisfatto di nulla.

"La Mexico" | Alex Lanz

«La Mexico» | Alex Lanz

Differente è invece il caso di una riflessione sull’espressione diretta del volere popolare attraverso lo strumento del referendum o altre manifestazioni. Queste risultano infatti maggiormente obbiettive, scostandosi notevolmente da interpretazioni soggettive. A tale proposito sono chiari esempi i casi della Val di Susa e dei movimenti No TAV, del referendum sardo sulle scorie nucleari, e per finire il più recente ed emblematico caso del referendum greco.

Senza titolo | Mirko Isala

Senza titolo | Mirko Isala

Sono ormai note le vicende della Val di Susa e dei movimenti No TAV, che si battono in difesa del loro diritto al territorio. La popolazione, sebbene non si sia espressa attraverso il voto, ha chiaramente manifestato la propria contrarietà alla devastazione indiscriminata della propria terra in favore di un’opera pubblica che cela interessi poco chiari. Nonostante tale chiarezza di intenti, i loro ripetuti appelli sono rimasti inascoltati.

"Battor Moros" | Cristiano Cani

«Battor Moros» | Cristiano Cani

Tra il 12 ed il 13 giugno del 2011 si svolse in Italia un referendum abrogativo che proponeva quattro quesiti. Il terzo di questi proponeva il quesito inerente il nucleare: il quorum venne raggiunto ed oltre il 94% dei votanti si disse contrario al nucleare; in Sardegna la percentuale dei contrari superò il 98%. Un esito chiaro ed indiscutibile.

Tuttavia, la Regione Autonoma Sardegna, regione a statuto speciale, aveva già indetto un referendum consultivo, svoltosi tra il 15 ed il 16 maggio del 2011. Il quorum fu raggiunto, ed oltre il 96% dei votanti si disse “contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti”.

Oggi, nonostante un voto palese e soprattutto legittimo, si torna a discutere sulla possibilità di utilizzare il territorio sardo come sito per lo stoccaggio delle scorie, lasciando nel silenzio le voci di chi, prendendo parte al meccanismo democratico, ha detto no al nucleare.

"Marcha en Madrid en solidaridad con Grecia y por el NO (OXI) en el referéndum griego" | Adolfo Lujan

«Marcha en Madrid en solidaridad con Grecia y por el NO (OXI) en el referéndum griego» | Adolfo Lujan

Ancora più evidente è il caso del referendum consultivo svoltosi in Grecia questo 15 luglio. Oltre sei milioni di persone si sono recate alle urne per votare, ed oltre il 63% di questi si è detto contrario agli accordi proposti dai creditori per un nuovo piano di supporto finanziario. Il 15 luglio 2015, la Grecia guidata da Tsipras, dava al mondo intero una lezione di democrazia.

Tuttavia, quello che sembrava nascere come un puro esempio di rinata democrazia, si è presto trasformato nella più grottesca delle farse. Il popolo ha partecipato con il voto: gli elettori hanno scelto una cosa, la politica ha fatto il suo opposto.

Assistiamo, specialmente nei due ultimi casi, a un coro di voci che democraticamente e legittimamente ha espresso il suo parere attraverso il voto, e che la politica non ha saputo o voluto tenere in considerazione.

È bene dunque domandarsi: quale è il valore odierno della voce del popolo? Ma soprattutto: questa è democrazia?

 

Per saperne di più leggi anche il mio precedente articolo, o quelli rigurdanti Val di Susa, Sardegna e Grecia.