Se ne fa talmente un gran parlare di questi fatidici cambiamenti climatici che la maggior parte delle persone non presta nemmeno più attenzione. “Alluvioni, alluvioni. Ma hai sentito che danni hanno fatto in Liguria? è franata una villetta sulla ferrovia!”, “Hai visto le trombe d’aria che danni hanno fatto ad Arenzano?”, e la risposta che va per la maggiore a queste domande “Eh si, cosa vuoi sono i cambiamenti climatici”. Tutti i danni, eventi ambientali disastrosi hanno la solita risposta data tra rassegnazione e indifferenza “cambiamenti climatici”.
Climatologi, scienziati da anni continuano a lanciare appelli per sensibilizzare in merito ai cambiamenti verso i quali stiamo andando incontro. Scioglimenti dei ghiacciai, innalzamento delle temperature, innalzamento del livello dei mari. Tutte fatti dei quali siamo a conoscenza da parecchio tempo. Perché dunque non facciamo nulla e rimandiamo la palla ai governi o istituzioni internazionali affinché facciano qualcosa al posto nostro?
Vero è che la maggior parte delle emissioni di gas serra, causa maggiore del riscaldamento globale, sono dovute a consumo di combustibili fossili quali carbone, petrolio e gas, ma non solo, incidono notevolmente anche agricoltura, allevamento intensivo, soprattutto di carni rosse e la deforestazione. Tutte cause che il singolo cittadino sente lontane dalla propria sfera di incidenza, poiché presume che cambiamenti in tali ambiti non dipendano dal singolo ma dai governi.
I governi a tal proposito nel 1992 per la prima volta presero atto a livello globale dei cambiamenti climatici in atto, e durante la conferenza a Rio de Janeiro delle Nazioni Unite sull’ Ambiente e lo Sviluppo venne sottoscritto il primo trattato che proponeva delle azioni congiunte a livello internazionale in merito ai cambiamenti del clima. Tale trattato, però, non poneva limiti obbligatori riguardo alle emissioni dei gas serra per i singoli paesi perciò nel 1997 venne proposto e ratificato un nuovo trattato a Kyoto che poneva l’obiettivo concreto di ridurre le emissioni di gas inquinanti derivanti dall’ attività umana. Non tutti i paesi presenti durante la ratifica del protocollo, però, lo firmarono. Russia, Stati Uniti, Cina, India e Australia non sottoscrissero il trattato, causandone la mancata entrata in vigore fino al 2004 quando la Russia decise di apporre la propria firma al protocollo.
Lo scorso novembre, invece, il presidente degli Stati Uniti Obama e il presidente della Cina Xi Jinping hanno raggiunto un accordo per ridurre le emissioni di gas serra del 20-30% entro il 2025. Accordo che sembrerebbe porre le basi per il nuovo trattato globale che verrà discusso e firmato a dicembre di quest’anno a Parigi.
- Quali sono gli obiettivi del Protocollo di Kyoto?
Obiettivo principale è contenere le emissioni di anidride carbonica, principale causa dell’aumento dei gas serra, e ridurli rispetto ai livelli di emissione di ogni singolo stato rilevati nel 1990 per far sì che l’aumento della temperatura media possa essere contenuto entro i 2 gradi rispetto all’era pre-industrale.
Ma se i governi tentano di attuare politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici vero è che ogni singolo cittadino potrebbe agire più responsabilmente a livello ecologico, poiché le politiche dei governi rivestono sì una parte fondamentale per fronteggiare il problema, ma ogni singola persona parte della società nella quale è inserito dovrebbe agire in maniera responsabile per massimizzarne gli effetti.
Dovremmo cominciare a renderci conto che anche i nostri comportamenti, che ci può sembrare non influiscano più di tanto,hanno un impatto non indifferente.
Pensiamo soltanto all’ elettricità, ogni volta che accendiamo e spegniamo la luce una centrale consuma e inquina per fornirci l’energia necessaria. Ecco perché una maggiore attenzione ai consumi domestici potrebbe avere un impatto ambientale minore oltre che garantire un bel risparmio sulla bolletta.
Stesso discorso per quanto riguarda il consumo d’acqua, spesso fatichiamo a renderci conto che non sia un bene inesauribile, ci basti pensare che la quantità d’acqua oggi a nostra disposizione è già di un terzo inferiore a quella che era disponibile negli anni 50 e nei prossimi anni sarà ulteriormente dimezzata. Potremmo cominciare a pensare a questo mentre lasciamo l’acqua aperta mentre ci insaponiamo sotto la doccia o laviamo i denti.
Spesso non pensiamo nemmeno a come i nostri acquisti possano avere un impatto a livello di consumo e inquinamento, per esempio quando acquistiamo dei bei pomodori di provenienza spagnola non pensiamo ai chilometri che hanno percorso su mezzi che per spostarsi necessitano di benzina e causano inquinamento, quindi meglio optare per frutta e verdura di stagione e della propria zona.
Quando mangiamo una bella bistecca nemmeno pensiamo che il processo che l’ha portata nel nostro piatto sia uno dei più inquinanti, in termini di acqua utilizzata per crescere un vitello, di cereali utilizzati per nutrire gli animali (quando la medesima quantità sarebbe sufficiente a sfamare la popolazione mondiale più povera) e non pensiamo nemmeno che siano una delle cause principali del disboscamento, che vede radere al suolo intere foreste per far posto a nuovi allevamenti. Perciò se proprio non riusciamo a fare a meno di una bella bistecca cerchiamo quanto meno di ridurne il consumo.
Dovremmo perciò cominciare tutti a entrare nell’ordine delle idee che bisogna agire per primi e che anche il comportamento del singolo, anzi soprattutto il comportamento di quest’ultimo è quello che può fare la differenza e garantire un futuro alle prossime generazioni.