Oggi l’Alzheimer è una vera e propria emergenza, a livello internazionale e locale e sia in ambito sanitario che sociale. Con il progressivo invecchiamento della popolazione si assiste all’esponenziale aumento dell’insorgenza delle patologie neuro-degenerative, in particolare degli stati di demenza.

Mio padre diceva spesso di aver ricevuto una visita, ma non si ricordava da parte di chi. Così pensai di far firmare alle persone che venivano a trovarlo un «registro dei visitatori». Si scoprì allora che il visitatore misterioso era la persona che lo assisteva. 

Elie Wiesel, L’oblio, 2007.

Se per lo scrittore Wiesel il filo conduttore dei fatti narrati nel suo romanzo è la memoria è perché essa può essere sia una cliente terribile da gestire sia l’antidoto contro l’oblio dell’anima. Mantenere viva la memoria è di vitale importanza non solo per il singolo ma anche per tutti coloro che hanno lottato per il riconoscimento dei propri diritti e della propria identità.

Iniziamo parlando di memoria perché la sua perdita è uno dei primi e più comuni segni della malattia Alzheimer ed è quindi il campanello d’allarme che spinge a rivolgersi ad un medico. In particolare, ad essere colpita è la memoria dei fatti recenti che interferisce più palesemente con le attività quotidiane in modo via via più drammatico. Questo è il momento in cui il malato si sente turbato e frustrato; è come quando strappiamo da un libro una pagina dopo l’altra e un’altra ancora finché non ci sono più pagine e resta solo la copertina: le pagine erano l’anima del libro e la copertina è solo l’involucro.

Eppure, la malattia non implica solo amnesia, agnosia, afasia, aprassia ma anche una lunga lista di disturbi comportamentali tra i quali paranoia, allucinazioni e depressione.  Tra l’altro, il quadro clinico della patologia Alzheimer può configurare quello della demenza tout court ma non esaurisce il dramma sociale che può essere compreso e raccontato solo da chi lo vive sulla propria pelle.

Dati

L’Alzheimer ha un impatto radicale sulla qualità di vita del malato e dei suoi assistenti. Ad affermarlo è direttamente l’ AIMA Associazione Italiana Malattia Alzheimer che, recentemente, ha chiesto a gran voce una maggiore sensibilizzazione verso le malattie associate al deterioramento del sistema nervoso. Altrimenti la situazione rischia di restare caratterizzata da:

  • impotenza nei confronti dell’evoluzione della patologia sia dal punto di vista organico che sintomatico;
  • fatica nella gestione quotidiana di malati imprevedibili i cui comportamenti inadeguati/aggressivi suscitano imbarazzo e/o frustrazione.

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Secondo un recente studio pubblicato sul Journal of Geriatric Psychiatry and Neurology da State of mind, i rischi di chi si occupa di assistere il malato sono molteplici e possono invalidare l’efficacia della terapia stessa. Il caregiver può, infatti, sviluppare ansia, depressione, senso di abbandono ed esaurimento emotivo dovuto anche alla diminuzione del tempo dedicato ai propri bisogni ed alle proprie relazioni sociali.

Emerge, poi, che il distress del caregiver dipende dalla sua capacità di coping e dal tipo di rapporto che ha con il soggetto malato. Per questo è opportuno monitorare il benessere del caregiver e della badante- figura oggigiorno molto richiesta giacché si occupa di assistere concretamente il malato.

Il caregiver si chiede insistentemente il modo di annientare la rabbia prima che questa lo prevalga e di calmare il malato che invece lo ferisce con le mani e con le parole. Ad un tratto il vuoto spalanca le sue fauci ed ingoia il malato di cui non resta che un corpo. A quel punto, il caregiver prova la sensazione peggiore: sentire la mancanza di una persona anche se fisicamente presente e continuare a condurre la sua vita malgrado sia investita dalla travolgente sofferenza della malattia.

Abbandonati all’unica terapia possibile, che aggrava peraltro le condizioni neurologiche, i caregiver oggi possono solo creare una rete di associazionismo virtuale. é così che in Italia gli assistenti ed i familiari si scambiano informazioni, altrimenti irreperibili. Per il resto, trattengono tutto il loro dolore che mai si smaltirà del tutto ma che può essere alleviato dalla viscerale abnegazione che è «care» per il malato: unica terapia salvifica, sempre e comunque.