I governanti di uno stato del genere esercitano un potere assoluto, possono riplasmare la realtà a loro piacimento.
1984, G. Orwell.
In 1984 di George Orwell, lo scrittore inglese immaginava un mondo distopico in cui il controllo politico andava oltre i normali limiti democratici, i diritti venivano calpestati dalle logiche di sicurezza dello stato contro i pericoli esterni.
Non andando così all’estremo come Orwell nel suo capolavoro letterario, il dibattito sulle libertà civili, i diritti fondamentali e la questione della sicurezza e della protezione contro il terrorismo internazionale è più che mai aperto.

Il pericolo terrorismo

Prima l’11 settembre con la guerra al terrorismo, poi lo scandalo Wikileaks, con le intercettazioni pubblicate e il caso Snowden, hanno svelato i piani di controllo degli Stati Uniti, nei confronti degli altri Paesi, per neutralizzare e prevenire attacchi.  La sensazione di insicurezza nei confronti di attentati ha messo in discussione l’assunto dei diritti e delle libertà fondamentali, che era ormai considerato inviolabile dopo la seconda guerra mondiale.

Libertà vs sicurezza

Le libertà fondamentali e i diritti individuali, base delle moderne democrazie occidentali, storicamente riconosciuti e tutelati dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dalle Costituzioni nazionali, sono ormai coinvolti in un dibattito che mira a sottoporli a limitazioni per proteggere la democrazia. La diffusione del pericolo del terrorismo, le guerre in Afghanistan e in Iraq contro Al Qaeda e l’ascesa del pericolo Isis, hanno avuto grandi ripercussioni sia sull’equilibrio tra sicurezza e libertà, sia sul sistema di poteri e sulla forma di governo delle democrazie occidentali con la mutazione del quadro costituzionale e la predisposizione di misure legislative e la proclamazione dello stato d’emergenza.

Emergenza perenne

Le leggi d’emergenza contro il terrorismo hanno portato, soprattutto i Paesi più esposti al pericolo di attacchi, a emanare norme limitanti le libertà individuali per motivi di sicurezza, seguite da un aumento del potere esecutivo dello Stato per proteggere la democrazia. Lo stato di pericolo imminente, la propaganda mediatica del terrorismo e il conseguente stato di paura, ha indotto i cittadini ad accettare di sacrificare quei diritti fondamentali in nome della sicurezza collettiva. In nome di questo principio si è assistito al fenomeno della normalizzazione dell’emergenza, trasformando la pubblica sicurezza in un diritto fondamentale e prioritario, capace di comprimere le altre garanzie individuali, grazie a leggi speciali che si sovrappongono al diritto interno.

L’ascesa di Donald Trump negli Usa, la vittoria dei partiti di destra nelle recenti elezioni politiche di Paesi dell’Ue lo dimostrano, la paura e l’insicurezza dominano i cittadini; con grosse responsabilità anche da parte degli organi di informazione.

Il nemico alle porte

In questo contesto, gli eventi in Siria e in Medio oriente, oltre a quelli sempre più silenziati dall’opinione pubblica in Africa, hanno generato la grande problematica dei migranti in fuga verso l’occidente. A questo bisogna aggiungere l’incapacità dei leader europei a trovare soluzioni ragionevoli e la volontà dei movimenti populisti di destra di cavalcare l’ondata di odio per ottenere maggiori consensi. L’insicurezza generata dal terrorismo porta gli individui all’accettazione delle molteplici restrizioni imposte dai governi, dopo anni di propaganda verso l’apertura delle frontiere e verso il sogno europeo. Paesi come Germania, Austria, Ungheria e altri hanno temporaneamente interrotto il Trattato di Schengen, mentre altri hanno semplicemente chiuso le porte all’immigrato, al richiedente asilo, al clandestino o come lo si vuole chiamare, perché potenziale pericoloso per la sicurezza interna, o per ripicca nei confronti dell’egoismo degli altri.

Diritti sì, ma non per tutti

Anche nell’era della globalizzazione, con l’apertura dei mercati sempre più estrema e con trattati come il TTP, i diritti e le libertà restano chiuse all’interno di barriere. Al di fuori di queste, lo straniero deve sottostare a delle regole speciali, in nome di una sicurezza comune. Le guerre di esportazione dei diritti di inizio secolo stanno ora conoscendo le conseguenze dello squilibrio creato. Le limitazioni agli stranieri, proprio come la guerra, sono una delle cause dei risentimenti di odio, in quanto sono misure che si concentrano soprattutto sugli effetti e non sulle cause generanti. Le iniziative populiste che mirano a colpire le libertà in difesa del proprio stile di vita sono generalmente inappropriate, perché il terrorismo prospera come reazioni a precedenti violenze che hanno calpestato i diritti umani e le libertà fondamentali.

La risposta non è la limitazione delle libertà, la paura ci ha portato ad accettare per anni di vivere in contesti cittadini costantemente posti sotto il controllo, all’interno di confini sempre più stretti. Il terrorismo si vince estirpando la causa dell’odio, la diffusione dell’etica dei diritti umani e delle libertà individuali rappresenta l’arma più efficace.