La tradizione, in Italia, viene spesso salvaguardata come elemento fondante della nazione: radicata fin dentro le viscere della società, si nutre di mantenimento dello status quo e dell’abitudine, che spinge i cittadini al sonno della ragione.
Deve essere per questo motivo che l’Italia si situa all’ultimo posto delle classifiche europee e internazionali riguardo l’omofobia: se il Paese detiene l’ottavo posto nell’ambito degli stati più gay-friendly –segno che ancora una volta la società italiana avanza rispetto alla mentalità arretrata della sua classe politica-, è anche il primo in tema di emarginazioni e discriminazioni, a scuola come sul lavoro, nella vita privata come in quella pubblica.
Due pesi e due misure: i dati
Le statistiche e i sondaggi non fanno che confermare ciò che già da tempo è realtà: in Italia vi sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, anche se poi vengono tutti considerati uguali dinnanzi alla legge secondo l’erario. Le difficoltà cominciano tra i banchi di scuola, dove gli alunni iniziano a percepire l’allontanamento dei compagni, e continuano al momento di cercare un lavoro (1,6% delle denunce per mobbing nel 2014 secondo Linkiesta), una casa, nel tempo libero e persino nella sfera privata: naturale che aumentino le difese preventive e i coming out diminuiscano.
A livello di approvazione di leggi che arginino questo fenomeno, l’Italia si situa all’ultimo posto tra i Paesi dell’Europa occidentale: non si è ancora giunti al riconoscimento delle unioni civili, eterosessuali o meno, né del cosiddetto “matrimonio gay”, né tantomeno delle adozioni da parte di famiglie omogenitoriali.
Il mondo politico risulta il più omofobo d’Europa, a livello di espressioni di discriminazione (91% contro il 44% della media europea), non solo contro gli omosessuali, ma contro tutte le categorie considerate deboli: anziani, donne, giovani. Dopo alcune dichiarazioni choc come quelle del senatore Giovanardi, del sindaco Buonanno (proposta di multa di 500 euro per effusioni gay in pubblico) e di alcuni esponenti del mondo ecclesiastico, non ci si stupisce del fatto che non sia l’identità di genere a essere presa di mira, ma l’ostentazione del proprio orientamento sessuale: ciò che preoccupa non è la persona in sé, ma il suo comportamento dinnanzi agli altri. L’ipocrisia, che serpeggia da sempre nella cultura mediterranea ed europea, trova in Italia terreno fertile.
La pedofilia nella Chiesa la comprendo, molti bambini cercano l’affetto che non hanno in casa e qualche prete può anche cedere. Sull’omosessualità non ho conoscenze dirette, ma non mi stupisco che ci sia: le malattie vengono.
Don Gino Claim, collaboratore pastorale chiesa San Pio X, Trento
La paura, insomma, impedisce a molti di essere se stessi, e le ultime notizie in materia non sono confortanti. Ai cittadini omosessuali non resta che l’amara consapevolezza di vivere come una prigione uno dei più bei Paesi del mondo, in attesa che un governo, rispettando l’articolo 3 della Costituzione e la dichiarata laicità della Stato, approvi quelli che sono semplicemente diritti umani.