Era il 20 Agosto e a sorvolare il cielo del quartiere Tuscolano di Roma un elicottero gettava sulla folla petali di rosa. Un’antica carrozza trainata a sei cavalli, Rolls-Royce e musica de «Il Padrino» sono gli elementi insostituibili del funerale di Vittorio Casamonica. Seguono poi: manifesti con diciture «re di Roma»; fotomontaggi che ritraggono il Colosseo, la Basilica di San Pietro e Casamonica vestito bianco candido. E per finire, sulla Basilica campeggia una gigantografia che recita: «Hai conquistato Roma, ora conquisterai il Paradiso».

Ed ecco, dunque, che la celebrazione di un funerale replica la commemorazione solenne di meri status symbol così come certa cultura siciliana, fino alle tradizioni rom e sinti usavano per accompagnare, in modo solenne, il defunto nella sua ultima dimora.

Le immagini fanno velocemente, e rovinosamente, il giro del mondo finendo su tutti i quotidiani stranieri ed arrecando danni incalcolabili all’immagine della capitale che si prepara peraltro al Giubileo.

Una cosa gravissima, stigmatizzabile è accaduta ed ha colpito tutti gli italiani, ma è successa.

Così Franco Gabrielli, Prefetto di Roma, tuona all’indomani dello scandaloso funerale e riconosce lacune nell’apparato di sicurezza. Ed infatti sono state numerosissime le richieste di chiarimenti sulle esequie show di un volto molto noto alle forze dell’ordine perché vantava una carriera di, minimo, 110 arresti. La domanda che continua a serpeggiare tra la gente comune riguarda le modalità di organizzazione di una cerimonia così ricca di fasti ed illeciti senza che nessuno li impedisse.

Si inserisce qui la polemica contro la trasmissione «Porta a Porta» ed il suo conduttore Vespa reo di aver invitato gli esponenti della famiglia Casamonica a proclamare il diritto di celebrare un rito funebre in pompa magna. Poco importa se usare la musica del film «Il Padrino» serviva ad identificare Casamonica con il criminale più potente di sempre.

Televisione Streaming| Casamonica

Televisione Streaming| Casamonica

Tralasciando l’aspetto penale, cioè i giudizi esprimibili riguardo alle sentenze che sono state emesse, il focus della trasmissione non è coinciso con l’oggetto dell’interesse pubblico/investigativo. Difatti, non ci si è chiesti come sia stato possibile che all’aspirazione, pur legittima, di celebrare un funerale maestoso e non canonico sia corrisposto il placet o l’insipienza delle istituzioni.

Le autorità preposte hanno infatti ammesso pubblicamente che, sebbene le informazioni sulle modalità di svolgimento del funerale erano trapelate, non erano scattate relative contromisure. Si tratta di un clamoroso fallimento delle istituzioni investigative che disponevano delle notizie utili ma non le hanno veicolate.

Esistono molte interpretazioni dell’episodio in oggetto, tra cui quella secondo cui tutto ciò sia il simbolo del fallimento dello Stato e quella per cui questo sia il sintomo di un atteggiamento mafioso che stenta a morire. I testimoni gridano sdegno nei confronti della connivenza tra mafia ed organi pubblici in quanto dichiarano che polizia e vigili urbani quel giorno abbiano scortato il feretro sulla carrozza.

In linea con l’inchiesta Mafia Capitale, questo evento aiuta a capire che, al di là della retorica flemmatica sul progresso e sul cambiamento, l’Italia è ancora ferma ad un inverecondo atteggiamento e comportamento mafioso. A questo punto è inevitabile chiedersi cosa sia peggio, se il funerale show o lo scaricabarile omertoso e virulento della politica.

Che tale Casamonica fosse capo mafioso brillante è chiaro dato che riuscì a svicolare nelle maglie della giustizia ma che avesse un grande potere lo ha dimostrato fino al suo ultimo giorno. Le attività di lucro in cui si era contraddistinto, che vanno dal racket all’usura ed al traffico di droga, sono poi quelle che hanno aperto le porte della prigione ad esponenti di altri clan, coinvolti in Mafia Capitale per aggiudicarsi il «regno» di Roma.

Emerge così che le organizzazioni criminali sono strutture in grado di stabilire il controllo territoriale attraverso il mantenimento del consenso, della parola e tramite la promessa di ricchezze. Inoltre, i Casamonica sono riusciti bene a darsi delle regole, assorte poi a cultura e a cemento di un’efficiente economia mafiosa.

Tutto ciò, dunque, non rappresenta solo l’affermazione della criminalità attraverso l’ostentazione kitsch di magnificenza e devozione cristiana, quanto la capacità di farsi interlocutori diretti degli italiani e supplenti della politica. Ed infatti l’apice del potere lo si è raggiunto comunicando direttamente con il quartier generale dell’amministrazione e della politica capitolina.

La presente spettacolarizzazione è stata una boccata di ossigeno per il clan che, insieme alle evocative musica ed immagini di cui sopra, si è autodenunciato giacché aveva la certezza di restare ugualmente impunito. In aggiunta, ciò che lascia attoniti è il business attorno all’episodio: come, cioè, i clan lo ricavino dalle attività illegali affidate a insospettabili e come il mezzo televisivo miri allo share più che al contenuto trasmesso.

Purtroppo questo funerale è l’ennesimo colpo fatale ai buoni propositi di legalità e giustizia poiché ha condensato, senza riguardo alcuno, prassi mafiosa e morale cristiana. Le esequie sono, così, state accompagnate dall’assoluzione di tutti i «devoti» al clan e hanno rappresentato la pubblica investitura della loro forza che non teme né l’autorità divina né quella terrena. Reagiamo, perché tale doppio oltraggio non sia più perpetrato.