La riapertura delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti pone vari quesiti sul futuro dell’isola e tante aspettative sulla fine dell’embargo commerciale.

Dopo 54 anni, sono riprese le relazioni tra i due Paesi, con la riapertura dell’ambasciata americana sul lungomare Malecòn dell’Avana e la bandiera a stelle e strisce made in Usa è ripresa a sventolare nel cielo caraibico. Il vero e proprio disgelo era stato annunciato già a dicembre 2014, con l’approvazione delle nuove regole di commercio e viaggio nell’isola caraibica, con meno restrizioni e lo storico faccia a faccia di aprile tra i due leader, per arrivare poi all’esclusione di Cuba dalla lista statunitense dei Paesi sponsor del terrorismo. Favoriti anche dai buoni uffici svolti da Papa Francesco, i passi verso la riapertura delle ambasciate e il ristabilimento di normali relazioni sono stati brevi, prima la riapertura di quella cubana a Washington il 20 luglio e poi di quella statunitense all’Avana

Isolamento caraibico

Dopo i difficili negoziati, la fine dell’isolamento era attesa e quasi inevitabile, visto l’anacronismo delle motivazioni che ne stavano alla base. Con la caduta del comunismo sovietico, l’isola era stata relegata a un isolamento sempre più forte, soprattutto a causa dell’embargo commerciale. La nuova fase tra i due Paesi sarà invece segnata dalla riapertura dei rapporti diplomatici tra i due governi. Le questioni aperte sono comunque ancora tante, Guantanamo, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali del regime castrista e l’embargo che attanaglia l’economia dell’isola. Proprio questo, con i danni portati all’economia e alla popolazione cubana dopo anni di esclusione, quantificati dallo storico dittatore in un indennizzo da svariati milioni di dollari, è ancora una questione aperta tra i due governi.

Disgelo

L’improvvisa impennata verso il disgelo e il dialogo tra i due interlocutori, ha sorpreso buona parte degli cubani. Nello specifico, secondo Alcibiades Hidalgo, ex consigliere di Raùl Castro, il processo sarà molto lungo, così come sono stati lunghi i negoziati. Il cambiamento richiede anche che siano gli stessi cubani a dare una spinta verso l’apertura. Per ora è stata ripristinata la possibilità di viaggiare tra i due Paesi, ma la ricostruzione dei rapporti porterà pian piano ad altre concessioni, che sicuramente avranno un profondo impatto sul sistema cubano.

I rischi per l’isola

La riapertura della ambasciata statunitense porterà gradualmente alla rimozione dei divieti di viaggio imposti a Cuba da Washington per le visite familiari, ma anche d’affari o degli uomini di governo. Tra qualche anno a Cuba, non sarà vietato possedere una casa o un’auto e la proprietà privata. Oltre che burocratico, il rischio potrebbe essere quello che, vista la produzione quasi assente nel Paese e, pur dipendendo molto dalle importazioni, l’isola potrebbe non avere abbastanza risorse per acquistare beni dall’estero, e quindi basarsi totalmente sulle importazioni con l’estero. L’altro grande pericolo è quello dell’inflazione, legato soprattutto alle misure annunciate da Obama e alle rimesse che i migranti cubani americani spediranno più liberamente sull’Isola. Infatti, mancando a Cuba uno sviluppo dell’attività produttiva locale, capace di assorbire il denaro delle rimesse, si rischierà un aumento generalizzato dei prezzi. Altro pericolo è quello dei grandi investimenti industriali, provenienti da paesi diversi, non coordinati tra loro.

La strada alla successione

Nel 2018 Raùl lascerà il potere e il probabile successore dovrebbe essere Miguel Diaz-Canel Bermudez, vice presidente di Cuba, ma con i Castro è sempre difficile azzardare previsioni. Il successore avrà comunque l’arduo compito di guidare il Paese nella transizione, evitando il rischio di «consegnarlo» agli Usa e facendo fronte alle pressioni di apertura democratica, sempre più decise.

Il nuovo leader dovrà anche affrontare il nuovo sviluppo, avendo il Paese bisogno di risorse esterne per sviluppare l’economia, soprattutto per aumentare la domanda interna e attrarre investitori stranieri. Deve però anche evitare che l’afflusso di denaro nelle mani delle famiglie finisca tutto in beni di importazione.

Difficile ipotizzare quali saranno gli effettivi cambiamenti sull’isola, perché in realtà sembra mancare un reale piano della leadership per evitare che si creino le inevitabili distorsioni dell’apertura improvvisa di un sistema chiuso come quello dell’isola caraibica.

Per l’ennesima volta Cuba sarà un laboratorio politico importante, le cui vicissitudini avranno ripercussioni non solo sul continente americano.